“In un mondo dove tutto tace sotto la minaccia di una spaventosa assenza – scrive Tardieu – l’uomo un tempo cullato dalla voce degli dei si ritrova solo, costretto a raccogliere la sfida lanciata dalle oscure forze della distruzione e a ricostruire lapropria immagine partendo dalle estreme soglie del nulla”.
Jean Tardieu, drammaturgo e poeta francese, è autore del “Teatro” (1955), raccolta da cui abbiamo tratto i sei atti unici “brevi” e “brevissimi” del nostro spettacolo : “Il mobile”, “Lo sportello”, “Faust e Yorick”, “Lo sanno solo loro”, “I linguaggi familiari” e “Un gesto per l’altro” ; egli è considerato uno dei più colti e il più “letterato” tra gli autori “dell’assurdo”.
Formatosi nel clima teso e travagliato dell’anteguerra e del dopoguerra, fatte proprie le tematiche simboliste e surrealiste, l’autore, utilizzando chiavi ora drammatiche, ora comiche, ora satiriche, affronta il problema del senso non contingente dell’esistenza umana, sentita come prigionia, come realtà indecifrabile, come bisogno di evadere. Lavorando sul linguaggio, come altri famosi autori “dell’assurdo” (Ionesco, Beckett, Adamov), Tardieu tende a sconvolgere le tradizionali concezioni artistiche, a rompere gli schemi espressivi codificati creando possibilità di esperienze, ricerche e tentativi inconcepibili in passato.
Nelle sue “microcommedie”, dove reinventa ogni volta uno stile ed una tecnica appropriata alla tematica che affronta, si accendono bagliori di luce disperata sulla solitudine dell’uomo, sul suo bisogno di autodefinirsi, su una presenza indistinta e minacciosa che si annida sotto le apparenze banali e futili del reale.
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