Un venerdì sera al termine della giornata lavorativa, l’aspettativa per un weekend tranquillo trascorso in famiglia, l’incontro in ascensore tra due persone che si conoscono solo perché lavorano nel solito edificio, un saluto impersonale e distaccato, l’inizio della discesa, ma l’ascensore improvvisamente si blocca.
I due personaggi, Laura e Daniele, restano immersi in un tempo immobile dentro una scatola claustrofobica di quattro metri per quattro senza nient’altro che loro stessi con le loro ansie.
La commedia dolce amara si sviluppa in un crescendo di tensioni che porteranno a galla quella frustrazione che da tempo hanno svuotato le loro vite di significato, costringendoli a vivere un’esistenza solo apparentemente felice.
In questo tempo sospeso finalmente i personaggi gettano la maschera che, sia pur inconsapevolmente, indossano nella quotidianità.
Finalmente liberi dalle loro inibizioni si abbandonano ad un rapporto che li coinvolgerà fisicamente ed emotivamente aiutandoli a superare anche la necessità di assumere ansiolitici per uscire dalla prigione nella quale si trovano incatenati.
Quando l’ascensore dopo quarantotto ore viene sbloccato, due persone diverse e più consapevoli torneranno alle loro vecchie vite.
Ottima la performance dei due attori, abili nel rappresentare le ansie, i turbamenti, gli isterismi in un altalenare di rabbia, frustrazione e sollievo.
La scenografia, semplice ed essenziale risulta essere originale ed efficace.